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URBAN LEGENDS, POISON E IL DIALOGO A CUI NON VOGLIAMO, NON DOBBIAMO E NON POSSIAMO RINUNCIARE
Ho potuto constatare in questi giorni alcune posizioni critiche apparse online sulla presenza del graffitista Poison in seno alla mostra Urban Legends da me curata e ospitata presso La Pelanda, Centro di Produzione Culturale nel complesso dell’Ex Mattatoio di Testaccio. Vorrei anzitutto sgombrare il campo da alcune inesattezze che ho potuto rilevare: il “writer” in questione non è parte della mostra, ma è stato da me chiamato per partecipare ad un evento collaterale con lo scopo di realizzare un dipinto dal vivo su pannello nell’area esterna, insieme ad altri; Poison, inoltre, non ha ricevuto alcun compenso per la sua prestazione.
Urban Legends è la mostra che suggella l’ingresso della street art nella più importante istituzione di arte contemporanea della città, il MACRO Testaccio. Una sede prestigiosa il cui valore è determinato dalla serietà della proposta culturale e la sua conseguente indagine; proprio per questo io e il mio staff abbiamo costruito un programma di eventi collaterali alla mostra il cui scopo è quello di indagare le culture che costituiscono il tessuto germinativo del movimento rappresentato, la musica, la moda, il pensiero e soprattutto il “writing” o graffitismo. Ed é proprio nel graffitismo che la street art affonda le sue radici con tutte le sue contraddizioni, tra cui il rapporto tra legalità e illegalità nelle pratiche di arte urbana contemporanea, con l’espressa volontà di farne oggetto di uno dei dibattiti culturali in cui questa mostra ed io come curatore, siamo e abbiamo il dovere di essere coinvolti. Il progetto 999, la cui attività dà origine alla mostra, lavora da oltre cinque anni per portare i giovani talenti a fare i conti con le opportunità espressive di un’arte pubblica legale e organizzata, nel rispetto delle regole e in relazione con il contesto, piuttosto che sottostare ai limiti espressivi dell’azione illegale pur comprendendone gli elementi di fascinazione nel cuore di un giovane ribelle. Anche Atac, che è decisamente coinvolta con i sui treni da ripulire ogni anno, è partner di questo progetto con lo scopo concordato di intraprendere un percorso culturale su questo fenomeno, ad integrare quello repressivo i cui risultati non sono mai stati considerati soddisfacenti.
In questo contesto si inserisce la presenza di Poison in uno degli eventi collaterali di Urban Legends. Poison è un vero e proprio idolo per tanti giovani che si apprestano ad emulare le sue gesta ed è proprio insieme a lui e altri graffitisti che terremo un dibattito pubblico a fine luglio per discutere di questo fenomeno che quando esplode si allontana dal gesto vandalico e ci porta in dono talenti che neanche immaginavamo di avere e quando implode diventa solo iconografia metropolitana. La pratica del writing è operata perlopiù da giovani che agiscono da esclusi sociali e questo esperimento di inclusione in un contesto prestigioso e istituzionale vuole essere un passo in avanti nel tentativo di instaurare e far procedere un dialogo sulle opportunità e molto ha pesato il prestigio istituzionale della sede che ospita la mostra nella scelta di questo artista di uscire allo scoperto e poter, per la prima volta, costituire un confronto anche con quel corpo sociale che ne disprezza le espressioni. Se è vero che lo spirito del nostro tempo ci sta suggerendo di ripartire dalla cultura, a questo suggerimento sta rispondendo il MACRO come istituzione e l’associazione 999 come società civile per impegnarsi a studiare e capire anche questo fenomeno, le sue luci e le sue ombre, adempiendo al dovere di costruttori di dialogo culturale.
Per concludere permettetemi di ricordare che senza questa pratica non avremmo avuto artisti come Jean Michel Basquiat o Keith Haring di cui proprio in Italia, a Pisa, la soprintendenza ha appena restaurato e vincolato lo splendido murale “Tuttomondo”.
Stefano S. Antonelli
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